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giovedì, gennaio 26, 2006

CHI HA PAURA DI WIKIPEDIA

Chi ha paura di Wikipedia

E' diventata un colosso mondiale. Ma senza un vero controllo sui contenuti.
Così la grande enciclopedia in Internet è al centro di aspre polemiche. Che
finiranno in tribunale

di Alessandro Gilioli

http://www.espressonline.it/eol/free/jsp/detail.jsp?m1s=null&m2s=c&idCategory=4797&idContent=1264350

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Sull'Espresso si parla di cose trite e ritrite. Nulla di nuovo.
Si discute dell'attendibilità di alcune voci e alla fine, dulcis in fundo, di punto di vista neutrale ma in maniera assai superficiale e succinta...
Cose vere, indubbiamente. Il tono però non mi piace. E' come se tutto fosse da buttare e l'informazione in rete fosse impossibile.
Verso il punto di vista neutrale, così tanto osannato da wikipedia, anche io ho senza dubbio molte riserve. Innanzitutto perchè credo che non sia quasi mai applicato su wikipedia e in secondo luogo - ma le due ragioni sono strettamente collegate - il cosiddetto NPOV (punto di vista neutrale), a mio avviso, non esiste.
Ho molti dubbi anche sul fatto che sia un'enciclopedia "libera"... dubbi ... diciamo anche un pò certezze! Come la penso a riguardo l'ho detto sulla mailing list di HK. Copio e incollo:

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Dietro il wiki c'è una grande filosofia e alle origini nobili intenzioni.
Senza nulla togliere a questo mezzo, il wiki, che sta sortendo un grande
successo e si sta diffondendo ovunque
- c'è chi ci si scrive libri, ad esempio -, non mi stupirebbe se qualcosa,
forse anche molto, non andasse in wikipedia, ossia nell'enciclopedia.
Al di là di quel che dicono i giornali - i giornali dicono sempre tutto e
niente - le critiche non arrivano solo da chi sta fuori, ma anche da chi sta
dentro la rete, da chi certi circuiti li vive in prima persona e che
condivide filosofia e intenzioni del wiki.
Il mio incontro con wikipedia, per quel che mi riguarda, non è stato dei
migliori e molte cose, lì, non le condivido.
Incontro con wikipedia s'intende non l'incontro con il mezzo, ma con chi
quel mezzo lo gestisce e non il lettore casuale, il navigatore attento come
si vuol fare credere, ma un vero e proprio staff prescelto non si sa in base
a quali competenze i cui compiti sono, per quel che ho avuto modo di
verificare con i miei occhi:
- rendere improvvisamente non modificabile una voce - in pratica bloccare la
pagina delle modifiche - se la modifica apportata da uno qualisiasi non
piace allo staff
- cancellare in toto una voce appena inserita se lo staff (e non tutti)
reputa che quella voce su wikipedia non deve starci.
- bannare un indirizzo ip di chi nell'area discussioni difende con tutto
l'anima le proprie ragioni contro le loro che sono proposte come
INDISCUTIBILI.
Viva la libertà!
La loro ragione prima è NPOV, il punto di vista neutrale. Ma che cos'è il
punto di vista neutrale??? Chi decide che quel punto di vista è neutrale?
Esiste un punto di vista neutrale?? Loro non sanno neanche cosa sia il punto
di vista neutrale!
Decidono tutto loro: lo staff e quelli che stanno dietro di loro...
Tanto per farvi un pò capire: io mi sono difesa la voce hacker su wikipedia,
a mio avviso molto ma molto mal compilata e dalla quale trapelava (forse
trapela ancora) un punto di vista assolutamente non neutrale. Per esempio
era citata e addirittura linkata in wikipedia, MEDIASERVICE, l'azienda di
Raoul Chiesa e un'azienda, al di là di quel che io penso di Raoul Chiesa -
per me ad esempio Chiesa è un cracker e va inserito nella voce cracker - è
legata al business non all'hacking!!! Citare un'azienda, riservarle un posto
in wikipedia non è farle pubblicità? E la pubblicità a voi risulta che abbia
un punto di vista neutrale??
Ho dovuto lottare molto per far togliere Mediaservice dalla voce Hacker
eppure era una voce palesemente non neutrale...Come si spiega? Come mai lo
staff non era convinto di questa cosa? Ho lottato anche per far inserire
Raoul Chiesa in cracker (ma poi Raoul Chiesa l'hanno inserito di nuovo in
hacker e non credo proprio che sia stato un utente qualsiasi, credetemi!).
Ho dovuto lottare quindi. Il mio confronto non è avvenuto con la gente della
rete, ma con lo staff, quattro-cinque persone circa dai modi assai
discutibili. Sembravo IO sotto inchiesta.
Gentilezza e apertura inesistenti. Sono a mio avviso molto autoritari.
Padroneggiare, comandare, sentirsi dio le loro voci preferite.
Il wiki è nel mio cuore, lotterò sempre per il mezzo di wikipedia e
ciononostante mi auspico che possa migliorarsi nel tempo questa
enciclopedia. Ma non oserò mai più sbattermi per dare il mio contributo
relativamente a delle voci che riguardano la cultura hacker...E' troppo
faticoso. Ti si gonfia il fegato e devi sperare di non renderti ridicola,
sottoponendoti a mancanza di rispetto ed offese.
Ma non è un problema. Finchè utilizzare un wiki non è un problema...la
libertà è ovunque!
Friday, December 30, 2005 3:34 PM

ANONIMATO E RESPONSABILITA'

Anonimato e responsabilità
Tratto da CryptoGram.it Gennaio 2006

In un recente articolo, Kevin Kelly mette in guardia sui pericolidell'anonimato. Va bene a piccole dosi, egli ammette, ma quando è troppodiventa un problema: "In ogni sistema da me analizzato, dove l'anonimatodiviene comune, il sistema finisce col fallire. La recente macchiasull'onore di Wikipedia è generata dall'estrema facilità con cuidichiarazioni anonime possono essere inserite in uno strumento adaltissima visibilità pubblica. Le comunità infettate dall'anonimatofiniscono con il collassare oppure con il mutare l'anonimato inpseudo-anonimato, come su eBay, dove si ha un'identità tracciabiledietro a un nickname inventato".Ciò che dice Kelly è interessante, ma il discorso che ne scaturisce èmalposto. I sistemi anonimi sono intrinsecamente più semplici da abusaree più difficili da proteggere, come illustra il suo esempio di eBay. Inun sistema di commercio anonimo, in cui il compratore non conosce ilvenditore e viceversa, è molto facile per l'uno ingannare l'altro.Questo inganno, anche se coinvolge una ristretta minoranza, farebbediminuire rapidamente la fiducia nel mercato, ed eBay sarebbe costrettaa chiudere bottega. Solo che eBay ha trovato una soluzione brillante alproblema: un sistema di feedback che ha aggiunto una "reputazione" aglianonimi nickname degli utenti, e ha reso così i venditori e i compratoriresponsabili delle proprie azioni.Ed è proprio a questo punto l'errore di Kelly. Il problema non èl'anonimato, è la responsabilità. Se un tizio non può essere resoresponsabile, conoscerne il nome non serve a nulla. Se si ha qualcunoche è totalmente anonimo ma anche pienamente responsabile, allora,cavolo, basta chiamarlo Fred.
Non è una questione di anonimato, ma di responsabilità..
che ne pansate voi?

sabato, gennaio 14, 2006

LA NOTTE DEI GEODATI

La Notte Dei Geodati - breve raccontino per gli insonni

DI Rattus Norvegicus

http://foo.keybit.net/~strk/poetry/la_notte_dei_geodati.txt

giovedì, gennaio 12, 2006

BLOG E MAILINGLIST 2

Innanzitutto ringrazio kzk e goshack. Le loro considerazioni su BLOG E MAILINGLIST sono davvero interessanti e in sintonia con le mie. Ed eccole le mie considerazioni...
Il blog è un po’ IO ossia io=me, ma anche io=tu e io=egli.
La mailinglist è COMUNITA’ ossia noi tutti insieme.

Il blog è una porta completamente spalancata. Chiunque ci passi davanti, può entrare, dare uno sguardo qua e là, lasciare un messaggio e sparire nel nulla.

La mailinglist è una porta chiusa. Sei libero di aprirla, ma una volta entrato devi richiudertela alle spalle.

In una mailinglist ti aspetti di incontrare gente che la pensa più o meno come te e con la quale puoi o speri di confrontarti o dalla quale speri di apprendere qualche cosa.
Il blog è soprattutto voglia di dire (ci sarà qualcuno che ascolta); lanciare stimoli come una pietra in mare (non ti aspetti che ti rimbalzi lo schizzo).

Nel blog puoi dire anche sentimenti e incertezze. C’è spazio anche per le debolezze e le paure. Per idee non sviluppate e che mai si svilupperanno. Per l’astrattezza.
Nella mailinglist se dici qualcosa è perché sai che interessa o può interessare a tutti, a tutta la comunità. Altrimenti non dici.

La mailinglist è non essere mai OFF TOPIC (o comunque tentarci ed è quello che mi suggerisce la netiquette).
Nel blog il topic è quasi un pretesto. Si può sviare facilmente, c’è spazio anche per la creatività fine a se stessa.

L’archivio Hacker Kulture…ecco...è pieno di cose in forma di idee, piccole rivoluzioni, grandi speranze, voglia di cambiare, evolversi, crescere. Attenzione alla comunità, riscatto e progresso.

Ma non c'è vera comunità senza considerazione dell'IO.
L’Hacker Kulture è sia IO che Comunità. Comunità con tutti i suoi infiniti IO e IO come DaMe` o DaMe` nella comunità.

Hacker Kulture non è solo una scienza, non è solo Babele, non è solo un archivio, non è solo una cultura…E’ anche altro…questo “altro” può essere espresso e ricercato nel blog, perché il blog rivela anche il non detto, fa dire anche cose che non si direbbero altrove. E’ nel blog che vorrei uscisse e si rivelasse quel che resta da dire sull’Hacker Kulture, che mai si dice o si prende in considerazione.

Hacker Kulture è una freccia che va diritta al cuore, un sasso che ti rimbalza in testa, un’azione con reazione annessa, una causa con effetto. Io cerco il segno delle reazioni e degli effetti. Sulla gente e nella vita. Quella quotidiana.

Parlarne tra esperti e specialisti, studiosi e laureati nel campo è tutto tranne che cosa viva. Carta stampata e pagina web tendono a fissare una volta per tutte…Le teorie e le definizioni son belle appena espresse ma poi col tempo mettono tristezza.

Parliamo invece dell’ingoiare culture, di come digerirle e trasformarle, renderle appunto VIVE e FATTO.

martedì, gennaio 10, 2006

BLOG E MAILINGLIST

Che differenza c'è tra un blog e i suoi commenti e una mailinglist e le sue discussioni?
E' utile per un sito-archivio come Hacker Kulture avere entrambe le cose?
Evidentemente io l'ho considerato utile per me, ma ero curiosa di sapere come viene recepita questa scelta dall'esterno!
Ho bisogno di sapere....

lunedì, gennaio 02, 2006

SU HACKER JOURNAL

Una delle tante cose che mi hanno contestato in questi anni è stato il fatto di aver scritto per Hacker Journal, tutto sommato neanche poco. Li conto. In tutto 11 articoli (http://www.dvara.net/hk/hk-writes/archive.asp). Niente male direi! Anzi 10, perchè il primo non è un articolo, ma una email-segnalazione. Sì, in quel periodo tutti a lamentarsi di quanto fosse lamer la rivista e io odio lamentarmi. Preferisco ignorare oppure agire. E decisi di agire. Segnalai alla rivista Hacker Kulture, ma in più lanciai un messaggio e resi pubblico il mio punto di vista. Quella mail la pubblicarono per intero, e non era neanche brevissima...Sul numero 11 di Hacker Journal, e fu sorprendente. Non mi sarei aspettata niente del genere. Ma non mi dispiacque. Meglio far riflettere tutti sul quel contenuto! Ed ecco cosa scrissi:

HK sta per Hacker Kulture. Lo definisco il sito della cultura hacker, una sorta di grandiosa e imponente biblioteca virtuale dedicata alla storia, alla filosofia, all'etica e persino alla poesia e all'arte hacker! Per sua stessa natura, il sito è in perenne costruzione. Insomma va aggiornato di continuo e per ora siamo solo in due. Ciò che voglio far capire attraverso HK è che la tecnica sì è importante perchè ti permette di esprimere al meglio le tue idee...ma le idee non le acquisisci tramite le tecniche! La rete pullula di tecniche...credo che sia giunta l'ora di ripercorrere, soprattutto di questi tempi, anche un pò l'ideologia hacker, il fine dell'hacking, lo spirito hacker.

Steven Lévy scrive: L'hacker...[pratica]..."l'esplorazione intellettuale a ruota libera delle più alte e profonde potenzialità dei sistemi di computer, o la decisione di rendere l'accesso alle informazioni quanto più libera e aperta possibile. Ciò implica la sentita convinzione che nei computer si possa ritrovare la bellezza, che la forma estetica di un programma perfetto possa liberare mente e spirito".

Se conosci solo la tecnica puoi cambiare un sistema informatico; se sei anche ideologicamente un hacker allora puoi anche cambiare il mondo... o comunque tentarci! In ogni caso migliori te stesso!!! L'accesso a tutte le informazioni è bene, purchè non ne venga esclusa nessuna! Stringere con forza nel palmo della propria mano tutto il sapere è bene, purchè questo non ti faccia sentire egoisticamente potente! Il rischio c'è, ora più che mai, di stravolgere ciò che si è acquisito, tecnicamente parlando, per metterlo al servizio del proprio ego o peggio ancora di un sistema ingiusto. Ed ecco quindi la necessità di "non dimenticare"; la necessità di "ricordare"! Non è la tecnica che fa di te un "hacker", ma la "forma mentis" e l'etica!

Prorpio E.S. Raymond, affrontando la questione dell'etica hacker, ha scritto: "Gli Hackers risolvono i problemi e costruiscono le cose, credono nella libertà e nel mutuo aiuto volontario. Per essere accettato come un hacker, ti devi comportare come se avessi questo atteggiamento nel sangue. E per comportarti come se avessi questo atteggiamento nel sangue, devi realmente credere nel tuo comportamento. Se pensi a coltivare un atteggiamento da hacker giusto per essere accettato nella hacker-culture, allora non hai capito. Diventare il tipo di persona che crede in queste cose è importante per te per aiutarti ad imparare e per avere delle motivazioni. Come con tutte le arti creative, la via più efficace per diventere un maestro è imitare la forma mentis dei maestri - non solo intellettualmente ma anche emotivamente."

http://www.dvara.net/HK/HK-Writes/hj.asp

Allora c'era grAnd a gestire la rivista. Fu lui a pubblicarmi l'email ma io intendevo solo provocarli. E fu lui a chiedermi, in seguito, di scrivere qualche articolo per Hacker Journal. Ci pensai un pò e decisi che l'avrei fatto. Mi ero dedicata con tutta l'anima a creare un archivio hacker perchè volevo che tutti sapessero, soprattutto coloro che ignoravano. Che tutti apprendessero ciò che io stessa avevo appreso con meraviglia in questi anni. Sentivo di essermi migliorata. Volevo che un pò si migliorassero anche altri. Presunzione? Non so...Volevo dare ciò che avevo ricevuto. Per me questo era condividere. Una delle tante forme di condivisione.

La rivista mi avrebbe dato la possibilità di esprimermi anche al di fuori della rete. Di far conoscere Hacker Kulture ... e questo per me era importante. In quel periodo tutti compravano Hacker Journal, tutti tutti tutti e non solo i ragazzini smanettoni, un pò troll e lamer, come molti vogliono o vogliono far credere. Grazie ad Hacker Journal io, ad esempio, ho conosciuto persone di un certo spessore, persone che da anni, a modo loro, si occupano di hacker. Queste persone, grazie ad Hacker Journal, hanno conosciuto Hacker Kulture.

Sì, perchè chi non aveva pregiudizi ed era altamente curioso, non poteva non chiedersi, cosa sarebbe diventato Hacker Journal. Era un fenomeno nuovo, da esaminare, e occhi intelligenti erano puntati sulla rivista. Io speravo che diventasse una buona cosa, e non lo speravo soltanto. Ho cercato anche di dare il mio contributo e molti l'hanno apprezzato. Altri però dicono che dovrei vergognarmi. Ho scritto per Hacker Journal e questo non mi fa onore. Mi dispiace. Non mi vergogno. Non ho scritto per Hacker Journal ma su Hacker Journal, ho scritto per me stessa e per chi mi leggeva. Questo è l'importante. Non credo di essermi sporcata, contraddetta o di essere venuta meno ai miei proprositi scrivendo ciò che penso, diffondendo ciò che tutti dovrebbero sapere.

C'era forse un luogo migliore di un giornale letto da un sacco di ragazzini smanettoni in cui diffondere un pò di etica hacker o almeno tentarci? Raccontargliela in maniera semplice, con un linguaggio chiaro e senza intoppi intellettualistici? O certi temi e certe questioni vanno affontate solo e unicamente in certi circoli sani e onniscienti, perfetti e coerenti, uniformi? E poi lì certe cose non si sanno forse già??

E' odioso parlarsi addosso. E' odioso affermare di voler migliorare il mondo e poi restar chiusi nel proprio recinto, stare attenti a non contaminarsi. Parlare, esprimersi, confrontarsi solo all'interno del proprio rassicurante ma limitato spazio. Il mondo va affrontato nel punto in cui è o sembrerebbe peggiore se vuoi migliorarlo. Cominciare dal basso e dai bassi per poi elevarsi, sciogliersi da questo groviglio di lingue e parole difficili da comprendere, essere diretti, parlare come madre terra, soprattutto far capire anche a chi non ha i mezzi per capire, fornire i mezzi senza stare in cattedra, avvicinarsi alla gente, quella che giace nell'ombra, affascinare affascinare...senza fascino è difficile cambiare e farsi cambiare.

E poi, sia chiaro, io non sono una purista. Mi piace vagare. Parlare con tutti. Confrontarmi anche con chi è diverso da me o con chi non stimo. Purchè il confronto sia produttivo, ovviamente. Provocare pacificamente e creativamente. Stare in relazione. Mi piace il fango e la contaminazione, odio i troni e le candide toghe. Amo i quartieri, la città alta è gelida e non palpita. Un mondo senza errori è arido. Un paese imperfetto può accettare i miei contributi. Se li accetta, palpito anche io, vivo e partecipo, lascio il mio segno...Non tutti capiranno, lo so bene. Ma provate a rinnovare la casa di Dio e poi ditemi se esisterete come architetti.

Molti hanno voluto vedere HK e HJ, come dire, gemellati. Ma non è così! Che le due sigle in qualche modo si assomigliassero è solo un caso e cmq HK esisteva da molto prima di HJ. HJ ospitava i miei articoli nella sezione "Cultura Hacker". Forse quella sezione fu creata per i miei articoli. Chissà! Avevo massima libertà. Potevo dire ciò che volevo e soprattutto come volevo. Non mi hanno mai tagliato pezzi o stravolto i contenuti. Se l'articolo era troppo lungo lo pubblicavo su due numeri. Ciò che scrivevo per HJ potevo anche diffonderlo altrove. E così ho parlato della Scena Demo che mi sta tanto a cuore e pochi sanno cosa sia. Ho parlato degli EpidemiC e dei virus come forma d'arte e nessuno quasi tra i giovani lettori sapeva chi fossero. Ho parlato di netstrike quando di netstrike forse non si parlava più. E così gli EpidemiC son stati contenti e anche Tommaso Tozzi mi ha ringraziato. La gente che incontravo in chat era affascinata, mi chiedeva informazioni e link. Era sorpresa. La maggiorparte, di queste cose, non aveva mai sentito parlare. Troppo giovani forse...Ma ora voleva saperne di più e questa, senza dubbio, era una vittoria.

Quanto ai difetti di Hacker Journal, probabilmente ce n'erano ed anche tanti e di sicuro non erano da identificare con il teschio e i simboli pirata che contrassegnano tuttora le copertine, credo. Figuriamoci. Capitan Harlock era il mio idolo da piccola. Lo capivo poco allora, ma ecco in qualche modo il suo messaggio mi è arrivato, s'è depositato in qualche parte del mio corpo ed è riemerso, al momento giusto. La grafica poi è un fatto personale e soggettivo. C'entra poco con la sostanza, a volte. A me quella di Hacker Journal piaceva. Quel che contava però è che gli autori, con grAnd almeno, avessero valore e con essi anche i lettori, senza differenze.

Su altre riviste cartacee, testate nazionali, ti prendono l'articolo, e con la scusa che ti pagano, te lo scompongono, sezionano, ricostruiscono che a rileggerlo stenti a credere che l'hai scritto tu. Il tuo nome non appare da nessuna parte, però sei costretto a firmare due fogli che parlano di diritto d'autore, spese processuali in caso di stronzate scritte ed altre menate del genere. Quel che resta del tuo articolo non puoi diffonderlo in nessun modo, ma loro possono farne ciò che che vogliono. Insomma l'autore non conta e tanto meno la sua visione e le sue idee. Vi assicuro... Hacker Journal non era, allora, il peggiore dei mali. Oggi, non so dirvi. Non lo seguo più da quando grAnd è andato via. Qualche anno, direi.

La cosa che più mi divertiva, su Hacker Journal, era leggere email firmate da nick noti e familiari a chi la rete la vive molto intensamente stando un pò dappertutto. Io allora la vivevo e molto. Di notte e di giorno. Ovunque. E ne ho riconosciuti parecchi. Era come se una parte della rete si fosse in parte emanata fuori da essa e materializzata su carta. Quella rete forse meno interessante, un pò snobbata dai colti e hacktivisti di vecchia data. Quella più confusa e chiacchierona, quella che parla a sbafo o mitizza, quella che crede negli idoli o che si crede il personaggio che interpreta. Quella che disturba o fa danni, quella che si atteggia perchè usa telnet, quella che rompe e strarompe perchè ha installato linux e non sa come far funzionare la tastiera, quella che non sa e non sa nemmeno analizzare, ricercare, quella che un pò è curiosa o crede di averla esaurita tutta la propria curiosità... Gente comune, insomma, per qualcuno nessuno. Ma quella rete c'era, esisteva e voleva esserci. Con la sua voce a volte rauca, a volte incomprensibile, a volte superficiale, a volte sghignazzante e trolleggiante. Spesso forse anche superflua, aria al vento, respiro sprecato. Ma tutto questo era interessante lo stesso, una cosa un pò curiosa. Affascinante. Ma son curiosa pure io e forse, allora, ci vedevo ciò che non c'era.

Sembrava che prima o poi dovesse accadere qualche cosa. Un'esplosione. Ho atteso ma non inutilmente. E anche se nulla accadde - oggi posso dirlo - fu divertente. Anche utile, credo. Soprattutto, spero.