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venerdì, dicembre 16, 2005

FASI AURORALI DEL SOFTWARE LIBERO

Qualche notarella per insonni sulle fasi aurorali del software libero
di Rattus tratto dalla lista di Rekombinant

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Quando Microsoft decise di indagare la diffusione del software libero assegnando a un gruppo di studiosi l'incarico di analizzare il fenomeno, la spiegazione di un comportamento cooperativo così dirompente venne affrontata in termini di "ego gratification". Emergeva il dato imbarazzante, paradossale, contraddittorio, per cui la cooperazione destava"gratificazione". Agli sviluppatori di Linux venne allora mossa l'accusa di essere portatori di quell'insieme di qualità negative che vengono riassunte con l'abusato termine "narcisismo". Ma in realtà si intuiva nel testo degli esperti Microsoft la convinzione di trovarsi di fronte a un tradimento del patto collettivo su cui si fonda il liberismo. Viviamo in una società che ha fatto proprio il dogma della "mano invisibile" di Adam Smith. Dunque, solo delle creature diaboliche possono riuscire a violarlo con successo. Che poi lo facessero nel segno del "piacere", fondamento di ogni utilitarismo, portava gli esperti Microsoft verso sentimenti talmente contraddittori da spingerli a suggerire che doveva necessariamente trattarsi di un piacere perversamente individualista: l'ego gratification. Cosi' il liberismo degli interessi individuali si deformava fino ad assumere l'aspetto di una "norma collettiva" mentre la cooperazione degli sviluppatori Linux diveniva un tratto diabolicamente "narcisistico" e colpevolmente individualista.
C'è da osservare che Bill Gates doveva sapere di non trovarsi di fronte a un fenomeno nuovo: già nella celebre lettera agli hobbisti (1976) si era chiesto adirato: "Chi può permettersi di lavorare a livello professionale senza essere retribuito?". Il ricordo degli anni in cui venne duramente contestato dalla comunità hacker per aver inserito nel sul sistema operativo il linguaggio basic, nato originariamente grazie a finanziamenti pubblici e al lavoro cooperativo e gratuito di molti sviluppatori, bruciava ancora. Probabilmente, la sua curiosità nei confronti di GNU/Linux e della sua evoluzione andava oltre gli interessi puramente commerciali in merito alla nuova concorrenza nel campo dei sistemi operativi e assumeva la forma di una curiosità mai sopita nei confronti di un fenomeno antropologico che il magnate non riesciva a spiegarsi.
Non stupisce che gli esperti prezzolati che curavano il documento si siano sforzati di rassicurarlo: «La più sfuggente e profonda motivazione che si rileva nella comunità degli sviluppatori OSS (Open Source Software)" si legge nel documento Halloween I° " è la pura gratificazione dell'Io».
Nella migliore delle ipotesi, secondo gli esperti Microsoft, si poteva parlare di altruismo «Ma questa è una motivazione controversa, e siamo inclini a pensare che, a diversi livelli, l'altruismo "degeneri" in forme di gratificazione dell' Io (...)». Tuttavia la spiegazione degli esperti Microsoft non è riuscita a fornire molti argomenti credibili circa le motivazioni degli sviluppatori del pinguino. "Ego gratification" suona come un termine ombrello, buono per tutti gli usi, che non sembra scalfire, se non in modo generico e superficiale, il problema che assillava Bill Gates.
Il sottotitolo del libro di Linus Torvald "Solo per divertirmi" è parso a molti rivelare la chiave privilegiata per spiegare il fenomeno. Da più parti si è sottolineata la peculiarità del lavoro informatico evidenziandone gli aspetti ludici. In questo senso le considerazioni sull'ego gratification, intesa come gusto per la competizione fine a se stessa e come dimostrazione del proprio talento nei confronti della comunità dei pari, sono state considerate di qualche utilità. Ma la questione, come vedremo, è più complessa. E comunque, si tratta di fenomeni relativamente recenti, che poco hanno a che fare con le prime comunità hacker e le loro motivazioni originarie. Queste ultime sono state descritte efficacemente da molti autori, tra i quali Marco Revelli, che ha sottolineato come "la rivoluzione microelettronica":«non si svolse all'insegna dell'individualismo possessivo tipico dell'etica di mercato, ma piuttosto di un comunitarismo radicalmente democratico, integrato da residui di cooperativismo o comunque di solidarismo per certi aspetti pre-moderno». Questo elemento comunitarista, seppure evidenziato con maggiore o minore enfasi al variare dei convincimenti politici dei diversi studiosi di tecnologia, si può considerare ormai universalmente riconosciuto. Pochi invece hanno colto quella che a me pare una delle radici profonde di queste forme di comunitarismo tecnologico.
Se andiamo a curiosare nella biografia di Richard Stallman, che deve essere considerato il vero fondatore della filosofia del software libero, emergono elementi interessanti. Stallman inizia quella che è stata definita la sua"crociata" per il software libero sotto la spinta di acuti problemi di relazione che riguardavano le sue attività presso il laboratorio del MIT. La fase che precede la sua decisione di difendere ad oltranza il software dipubblico dominio è realmente drammatica. Chi ha designato un profilo di questo straordinario protagonista dell'informatica libera ne ha evidenziatoi fermi principi etici e in alcune occasioni, con una punta di ironia e qualche propensione per il gossip, ha rivelato le forme di occasionale instabilità emotiva che caratterizzano il personaggio. A pochi è venuto in mente che in realtà etica hacker e difficoltà di relazione costituiscono, in Stallman come in molti altri, due facce della stessa medaglia. Nella vita di Stallman le principali occasioni di socializzazione sono state legate al suo lavoro di programmatore. Stallman non ha mai sopportato nessun tipo di restrizione sull'accesso ai calcolatori e ai codici per le ragioni di natura etica e politica che oramai tutti conoscono, ma anche per un motivo di natura psicologica, che egli stesso probabilmente non sarebbe disposto a riconoscere: quello che i calcolatori costituivano il suo principale strumento di relazione con gli altri. Entrambi i motivi, a ben guardare, sono degni di rispetto. Ma qui interessa soprattutto ragionare sul secondo.
Nella fase in cui gli interessi economici iniziano a insinuarsi nelle maglie del laboratorio del MIT, Stallman intuisce che le relazioni sociali libere che fino a quel momento avevano contraddistinto l'ambiente hacker in cui si riconosceva erano sul punto di frantumarsi. Circola una voce secondo cui, nel durissimo confronto che lo oppose alla Symbolics, Stallman minacciò di entrare negli uffici dell'azienda imbottito di esplosivo. La società aveva cooptato molti sviluppatori del gruppo di Stallman per migliorare, privatamente, un sistema operativo basato sul Lispche originariamente era nato nell'ambito del laboratorio del MIT. Stallman aveva ottime ragioni per contestare lo stile aggressivo dell'azienda che si stava appropriando del lavoro comune svolto al MIT. Tuttavia, è abbastanza evidente che per lui la colpa più grave della Symbolics era invece quella di aver provocato l'esplosione della comunità hacker di cui era membro. L'ingresso degli interessi del mercato nel laboratorio, lungi dall'aver determinato, come pretenderebbe il mantra liberista, un aumento della produttività e una sana competizione commerciale tra vecchi amici, aveva in realtà provocato la brusca e dolorosa interruzione di relazioni di amicizia che duravano da anni. Gli hacker che avevano iniziato a lavorare per conto della Symbolics, racconta Stallman: «Non soltanto avevano smesso di invitarmi, ma in seguito qualcuno di loro mi confessò di aver ricevuto pressioni per tenermi all'oscuro di tutto». Quando Stallman dichiarerà a Steve Levy di essersi sentito in quella circostanza come Ishi, ultimo sopravvissuto della tribù pellerossa degli Yahi, non lo farà con l'intenzione di ammantarsi di un'auramitologica come afferma il suo biografo, ma per esprimere una formula metaforica adeguata a descrivere la sua sofferenza per la frantumazione di un tessuto di relazioni che era fondamentale per la sua vita. Relazioni che, comunque, non potevano essere separate dai calcolatori che le avevano rese possibili.
Così, di fronte alla carcassa della macchina che ospitava il PDP-10, il sistema con cui aveva lavorato per anni presso il laboratorio del MIT, egli non riuscì a trattenere le lacrime: «Vedere lì quella macchina, morta, senza nessuno a prendersene cura, una scena che rifletteva la totale distruzione della mia comunità». E' evidente come, nell'elevare la macchina rottamata a simbolo della fine della comunità hacker, Stallman esprimesse tutto il suo strazio per l'esaurirsi di quel rapporto diretto e spontaneo che si era stabilito tra le persone che ruotavano attorno al calcolatore. Forse, l'elemento che meglio caratterizza la posizione di Stallman consiste nella convinzione che tale rapporto eugualitario, trasparente, fondato su una sorta di meritocrazia di gruppo, oltre ad avere un valore etico, costituiva anche una garanzia per il buon funzionamento del software. La rottura dei rapporti fiduciari, conseguenza del fatto che gran parte dei programmatori del laboratorio avevano iniziato a curare gli interessi di aziende diverse e spesso concorrenti, impediva il libero flusso dei codici e creava strozzature nella comunicazione tra gli sviluppatori. Ciò che è peggio, l'ingresso dei privati rendeva malsane le relazioni interpersonali e il lavoro diveniva conseguentemente tetro, faticoso e sensibilmente meno produttivo.
Come avremo modo di vedere più avanti, qualche anno prima, Ivor Catt, un fisico divenuto celebre per alcune posizioni fuori dal coro nell'ambito della sua disciplina, aveva scritto un libello in cui metteva in ridicolo alcuni elementi della nuova organizzazione industriale del lavoro cognitivo. Il passo che segue, tratto dal pamphlet di Catt, illustra bene il tipo di clima che si era creato nel laboratorio del MIT in cui lavorava Stallman: «Eternamente presenti nella nuova realtà industriale sono domande come queste: "Mi sta dicendo la verità?" "Sta pensando di farmi fuori?" e "Sta pensando che io ho intenzione di farlo fuori?" Il risultato è una catastrofe della comunicazione in cui qualsiasi conversazione risulta frustrata dal fatto che gli elementi principali del problema non possono essere esplicitamente menzionati. Sei come il gatto che insegue una palla legata ad una corda, ogni volta cerchi di fare il punto su ciò che sembra un fatto concreto, quello sfugge e si sottrae ai tuoi tentativi di afferrarlo.» Queste situazioni di ambiguità comunicativa negli ambienti di lavoro sono diventate, ai nostri giorni, una delle cause principali della dilagante problematica del mobbing aziendale. Al venir meno della stabilità lavorativa e al crescere delle situazioni di incertezza in merito al lavoro, aumenta il clima di diffidenza tra i lavoratori. Stallman fu tra i primi a registrare un fenomeno che negli anni successivisi diffuse a macchia d'olio parallelamente al dilagare dei contratti in outsorcing e alla progressiva precarizzazione del lavoro.
C'è da chiedersi se e quanto il software libero abbia rappresentato una tacita risposta al clima relazionale venifico prodotto dai modelli ipercompetitivi ispirati ai dogmi della teoria dei giochi.
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http://www.rekombinant.orghttp://www.rekombinant.org/support
http://liste.rekombinant.org/wws/subrequest/rekombinant

4 Comments:

At 3:42 PM, Anonymous Anonimo said...

Errori di formattazione a parte, è davvero un gran bell'articolo... complimenti rattus :)

 
At 5:10 PM, Anonymous Anonimo said...

stallman ha un suo caratterino e per questo tutti ci ricamano sopra per criticarlo... in realtà in soft. libero.. sta entrando alla grande anche nella pubblica amministrazione e credo ormai non sarà così facile fermare questa ondata... (grazie linux!)
la teoria della mano invisibile di smith... esisteva mooooolto prima di smith... ed esiste tutt'ora in tante svariate varianti.... ma, noi, non ci lasciamo impressionare e continuiamo. Right?
baci damè!

 
At 7:25 PM, Anonymous Anonimo said...

Di Stallman sono stati pubblicati da "Stampa Alternativa" due libri molto interessanti dal titolo "Software libero, pensiero libero" (rispettivamente volume 1 e 2).
Mi pare si possano anche scaricare gratuitamente. Ve li consiglio.

Ciao Elvex

 
At 10:31 PM, Blogger DaMe' said...

Riguardo al libro citato da Elvex, Software libero, pensiero libero di Stallman ho scritto un articolo sul numero 29 di Hacker Journal, ormai davvero tantissimo, ma tantissimo tempo fa. Su Hacker Journal non ci scrivo più da una vita. Se vi interessa o avete voglia di dargli uno sguardo lo trovate su HK, in Archive. L'url esatto è questo: http://www.dvara.net/HK/HK-Writes/pensierolibero.pdf

 

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